sabato 30 novembre 2013

Filippine: un bimbo di quattro anni ispira a donare

Little Bejine

Il recente tifone Yolanda, come sappiamo, ha portato distruzione e morte in un paese, già molto provato dal divario economico e sociale. Gli attivisti ed i volontari, non sono mancati all'appello e le loro testimonianze lasciano sperare in un mondo migliore.
La storia che riporterò fa pensare e commuove; è la storia pervenuta sul web, tramite Eldie Nollora David (volontaria attiva di BiG-I Bridge the Gap). 
Un bimbo di nome Benjie, ogni giorno chiede elemosina nella città di Butuan, vicino ad una delle stazioni (presidiata dai membri della Alpha Phi Omega) di assistenza/donazioni per le vittime del tifone. 
Un volontario, un giorno, rimane sorpreso nel vedere Bejine che gli porge una moneta. A quanto pare stava donando la sua moneta avuta dall'elemosina. Alcuni minuti dopo, il bimbo ritorna e porge un'altra moneta al volontario. Probabilmente, pensava che una moneta non fosse abbastanza da donare. Un bambino di quattro anni che è socialmente responsabile, dona speranza per un mondo migliore. Anche nella sua condizione di bimbo svantaggiato che vive per strada, insieme ad altri due fratelli ed al padre, che ha perso tutto, senza una madre che se ne è andata per un altro uomo, questo bambino dimostra al mondo intero che la responsabilità morale e civile, l'appartenenza ad un mondo visto e vissuto con gli occhi di un bambino, con il cuore puro, dona speranza anche a chi apparentemente l'ha persa.
Nel mentre il bimbo ha iniziato a frequentare più spesso i volontari e l'Organizzazione sta cercando di riportare lui ed i suoi fratelli a scuola. 
Erika D.T.


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Dal diario di Christian D' Alessandro (attivista di Greenpeace ) - Le mie prigioni -

Torno finalmente a respirare dopo due mesi di detenzione, nonostante sia libero su cauzione, e su di me ancora penda questa assurda accusa per la quale rischio fino a 7 anni di carcere per un crimine che non ho commesso.  

In carcere ci si sveglia alle 6 del mattino, in una cella di 8 metri quadrati. Dal cortile, radioprigione diffonde l’inno nazionale russo: proseguirà fino alle dieci di sera con musica che anche se non mi piace sono costretto ad ascoltare. La luce è rimasta accesa tutta la notte e resterà accesa tutto il giorno, sempre. 

In cella con me ho un «amico» russo che si trova lì per ben altri motivi, e con il quale non posso comunicare, perché lui non parla inglese e il mio russo è solo all’inizio. Di tanto in tanto si sentono dei colpi nel muro provenienti dalla cella a fianco, immagino sia un saluto e rispondo. L’odore della prigione è un misto tra polvere, cemento, ferro e fumo di sigaretta: mi si attacca addosso, penetra nelle fibre dei vestiti. I rumori all’inizio sono orrendi, poi si impara a conoscerli e ci si abitua. I passi di una guardia, le chiavi suonano ciondolando dalle sue mani prima di infilarsi nella serratura, dopo due mandate la porta di ferro si apre e viene richiusa con violenza. 

Mi alzo dalla branda, nonostante il sottile materasso ho sentito per tutta la notte nella mia schiena le sbarre di ferro che costituiscono la struttura del letto, perchè la saldatura fai da te è stata fatta male. Sono già vestito, ho dovuto indossare tutto quello che avevo per non sentire freddo sotto la coperta puzzolente; mi piacerebbe lavarmi, ma la doccia qui si può fare una volta a settimana, mi limito quindi a faccia e denti, perché in cella ho un lavandino, ma l’acqua gelida vien fuori da un vecchio tubetto di dentifricio utilizzato come prolunga, legato alla tubatura che fuoriesce dal muro. Sono pronto, sì, ma per fare cosa? Ah già, l’ispezione. Due volte al giorno vengo perquisito, e le sbarre alla finestra vengono battute da un martello di legno. 

I giorni scorrono tutti uguali, sono fortunato perché ho dei libri e posso scrivere un diario. Sulla porta c’è uno spioncino, non basta la telecamera che mi riprende 24 ore su 24, più volte durante la giornata una guardia viene a controllare se io e il mio giovane amico russo siamo ancora lì. 

Per un’ora al giorno vengo portato a «camminare». Le guardie hanno imparato a dire «hands back» perché è così che devo camminare lungo i corridoi mentre vengo condotto nella cella dell’ora d’aria, ma spesso quasi perdo le scarpe, perché non mi è permesso avere i lacci. Non capisco quale sia lo scopo di questa cella, mi guardo intorno e vedo solo quattro mura. Sono solo: i Sizo sono centri di isolamento pre-processuale in cui non è consentito avere contatti con i detenuti di altre celle. Il pavimento è un misto tra fango e ghiaccio, e a causa della tettoia non riesco a vedere il cielo. In due mesi non ho mai toccato un raggio di sole. 

Potrei raccontare per ore la mia esperienza, e del resto già l’ho fatto in prigione nei miei diari, ma non è il mio lavoro. Non sono un giornalista come alcuni dei miei compagni, anch’essi arrestati. Io amo il mare in tempesta, e ho scelto di navigare, e di farlo per Greenpeace, che è per me come una seconda famiglia. Non sono un eroe ma semplicemente uno dei tanti a cui è capitato di essere accusato ingiustamente, e sicuramente uno tra i più fortunati, visto che l’interesse mediatico suscitato dalla mia vicenda è servito ad attirare l’attenzione sul mio caso mentre altri vengono spesso dimenticati.  

Mentre vivo questa specie di esilio al contrario confinato qui a San Pietroburgo, un pensiero va ai compagni e alle compagne che ora più che mai stanno lottando per fermare il «biocidio» nella mia terra, la Terra dei Fuochi. Perché l’impegno di chi combatte in difesa dell’ambiente, perseguendo ideali pacifisti e nonviolenti, non può e non deve essere diversificato mai. Non importa che sia a casa nostra o dall’altro lato del mondo, non importa che si tratti di un albero, di un cetaceo, di un fiume in piena, del mare, della terra, o dell’aria che respiriamo, purché si continui a difendere i nostri diritti e a chiedere un cambiamento. A quelle persone adesso mi sento vicino come non lo sono mai stato prima, perché io sono quello che loro sono, e dunque tutti pirati, tutti teppisti, finché non verremo ascoltati.  

Non ho niente di cui pentirmi perché non ho commesso nessun crimine. Pentirsi equivale a riconoscere delle colpe, ad arrendersi, ad avere paura di chi cerca di metterci a tacere ingiustamente, significa darla vinta a coloro che mascherano questo sfrenato sfruttamento del pianeta in virtù di un finto progresso collettivo e a beneficio di tutti, quando in realtà i vantaggi sono dei soliti pochi, mentre i rischi e i danni che ne conseguono riguardano tutti gli altri.  

Ed è inutile stupirsi dei disastri ambientali se poi non si appoggiano le battaglie fatte per cercare di evitarli. Ecco perché eravamo lì, per evitare che l’Artico si tinga di nero come è successo nel Golfo del Messico dopo la tragedia della Deepwater Horizon nel 2010. Invito a uscire dall’indifferenza, perché «quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, ci accorgeremo che non si può mangiare il denaro». 

venerdì 29 novembre 2013

Germania: poliziotto sgozza e smembra uomo, sospetto cannibalismo

18:21 29 NOV 2013

(AGI) - Berlino, 29 nov. - Un poliziotto tedesco e' stato arrestato a Dresda con l'accusa di aver ucciso e smembrato "in piccoli pezzetti" il corpo di un uomo conosciuto su un sito internet sul cannibalismo. Il poliziotto, 55enne, ha confessato di aver tagliato la gola alla vittima su sua richiesta, e di aver poi fatto il suo corpo a pezzettini, che ha sotterrato nel suo giardino. Ma non ci sono prove che il sospetto, abbia mangiato parti della vittima, un 59enne di Hannover. I due si sono incontrati il 4 novembre alla stazione di Dresda e hanno poi raggiunto l'abitazione del sospetto, nella citta' di Hartmannsdorf-Reichenau.
  "L'accordo era che l'omicidio sarebbe dovuto avvenire subito", ha spiegato il capo della sezione indagini criminali della polizia Maik Mainda. Il poliziotto ha quindi usato un coltello per tagliare la gola del 59enne di Hannover. "Il sospetto ci ha raccontato di aver fatto a pezzi la vittima, pezzi anche molto piccoli e di aver tagliato le ossa, seppellendo i resti nel suo giardino", ha aggiunto. Poi l'agente ha indicato agli investigatori dove ha sepolto la vittima. Al momento l'indagine e' solo per omicidio.
  La vicenda richiama alla memoria quella del criminale tedesco Armin Meiwes, soprannominato il cannibale di Totenburg an der Fulda (Assia). Nel 2001 Meiwes eviro', uccise e mangio' parti del corpo di un omosessuale caprofago tedesco, Bernd Jurgen Brandes, dopo che quest'ultimo aveva risposto ad una inserzione sul sito internet 'Cannibal Cafe''. La vittima la lesse e lo contatto' per farsi macellare e cannibalizzare.
  (AGI) .
Foto: Reuters

Ilo: in Uzbekistan il lavoro minorile non è sistematico e non è frequente

Secondo una ricerca monitoraggio, svoltasi dall'11 settembre al 31 ottobre, condotta dall' Ilo ( Organizzazione internazionale del lavoro) in Uzbekistan, i livelli di lavoro minorile, sarebbero diminuiti drasticamente. Sino all'anno scorso, i bambini ed i minori impiegati nella raccolta del cotone erano sotto gli occhi di tutti. Il servizio stampa dell' Ilo ha annunciato che i monitoratori del fenomeno,rilasceranno un rapporto sulla loro missione di osservatori, entro la fine dell'anno. Tuttavia, l' Ilo ha dichiarato che sono state notate diverse situazioni di gravi violazioni. Hans Von Rohland (addetto stampa ILO) ha dichiarato che c'è uno sporadico uso del lavoro minorile, ma che nel Paese esiste una consapevolezza dell'illegalità del fenomeno.
Gli attivisti per i diritti umani non la pensano esattamente così: non concordano con i risultati forniti dall' organizzazione del lavoro. Secondo gli attivisti il governo uzbeko forza sistematicamente i bambini a lavorare nei campi di cotone e gli agricoltori a produrre quote statali in quello che è un massiccio lavoro forzato sponsorizzato dallo Stato. Il lavoro minorile forzato viene introdotto già dalle scuole, dicendo ai minori che se non lavorano saranno espulsi dal sistema educativo ( fonte Campagna Cotton). Il regime ( si legge nel rapporto della campagna Cotton) obbligherebbe i bambini, i minori a dichiarare false età ed a tornare a  scuola in vista dei monitoraggi Ilo.
Chi abbia ragione non lo sappiamo, ma essendo un regime che controlla l'Uzbekistan, sarebbe meglio che venissero presi in considerazione anche i rapporti degli attivisti e delle altre organizzazioni umanitarie che si battono per sconfiggere il lavoro minorile nel mondo.
Erika D.T.

India, due casi di violenza sessuale ai danni di giovani atlete.

Una ragazza di 16 anni, giovane atleta, è stata brutalmente picchiata vicino alla stazione di Jehanpur in Bihar, per avere resistito ad una violenza sessuale da parte di un delinquente della zona. In Madhya Pradesh, un'altra ragazzina che pratica il Cricket, ha subito un grave atto di abuso da un componente della Madhya Pradesh Cricket Association.
Chissà quando, nel mondo e soprattutto in India, passerà anche solo il concetto, che la donna non è un essere inferiore. La violenza che si esercita sui minori in India sta superando tutti i limiti.
Erika D.T.

Iraq: trovati i corpi di 18 persone a nord di Baghdad.

18 persone, rapite qualche ora prima da persone in uniforme, sono state trovate senza vita a nord di Baghdad. Giustiziati con colpi di arma da fuoco alla testa ed al petto. Tra le vittime risulterebbero esserci quattro poliziotti, un generale dell'esercito e due capi tribali. Le modalità di questo tipo di crimini, stanno diventando frequenti nel paese. 
Erika D.T.