mercoledì 8 febbraio 2012

Turismo sessuale: la vergogna della prostituzione infantile.

Un business da cinque milioni di dollari. Coinvolti milioni di uomini, donne e bambini tra gli otto ed i sedici anni. Estremo Oriente e il Sud Est Asiatico le mete più battute. Nel solo Brasile, poi, oltre 500mila i piccoli coinvolti. Il mercato fa fiorire anche nuovi fenomeni: a Cuba impazzano da qualche anno donne italiane in cerca di gigolo caraibici.
Ricordate gli italiani che si armavano di calze di nylon e partivano per l’Europa dell’Est in cerca di sesso facile? Altri tempi. Quel turismo sessuale un po’ casareccio e caciarone ci fa persino sorridere se paragonato a quello nato una vent’anni d’anni fa in concomitanza con l’abbassamento dei costi dei voli intercontinentali e l’esplosione delle offerte dei tour operator su scala mondiale. Oggi il turismo sessuale è un business globale che fattura cinque milioni di dollari l’anno e coinvolge milioni di uomini, donne e bambini. Nel Sud del mondo esistono oggi milioni di persone che - più per costrizione che per scelta - si prostituiscono con clienti provenienti soprattutto da Stati Uniti, Europa e Giappone. Un giro d’affari sommerso ed enorme, la cui manodopera è costituita da donne, uomini e bambini.
Già, i bambini. L’aspetto più vergognoso del turismo sessuale è proprio quello legato alla prostituzione minorile. Sono oltre due milioni i minori al di sotto dei quindici anni costretti a prostituirsi. Il resto soprattutto in Estremo Oriente e nel Sud Est Asiatico in particolare. Le più colpite sono le bambine tra gli otto e i sedici anni, ma in molte regioni l’età delle baby prostitute scende fino a 4 anni. La Thailandia, in particolare, è divenuta negli ultimi dieci anni la meta più ambita del turismo sessuale pedofilo. I bambini provengono spesso dall’entroterra, da villaggi sperduti nella foresta tropicale.
Quasi sempre le famiglie vendono i bambini che non riescono a sfamare, in cambio di qualche migliaio di dollari e con la speranza di avviarli verso un futuro migliore. Il bambino venduto finisce subito in un bordello di Bangkok o di qualche altra città, dove diventa un oggetto nella mani del suo padrone. Questo orribile commercio avviene quasi sempre con la complicità delle autorità. Il perché è presto detto: il turismo sessuale in Thailandia ha triplicato il numero di turisti. In particolare la prostituzione infantile (in genere più costosa proprio perché più difficile da trovare nei Paesi ricchi) è divenuta uno strumento di introito di valuta straniera. I governi perciò sanno, ma tacciono perché quel denaro serve comunque a ridurre il deficit della bilancia dei pagamenti.
Ma non c’è solo la Thailandia. Nelle Filippine si calcolano un milione e 200mila bambini di strada, quasi tutti coinvolti nel mercato del sesso. Nello Sri Lanka si prostituiscono oltre 10mila bambini. In Brasile si arriva alla mostruosa cifra di 500.000 bambini che si prostituiscono. Altre aree a rischio: Colombia e Venezuela in America Latina. Russia,
Polonia e Romania nella vecchia e “civile” Europa. In Sudan esiste una tratta di minori venduti come schiavi sessuali in Egitto, Marocco e Arabia Saudita. Spesso questi bambini diventano “attrazioni” per il turista sessuale, soprattutto per quello proveniente dal Giappone. Il mercato della prostituzione infantile conosce anche delle aree di “specializzazione”. In Estremo Oriente ci sono più vittime di sesso maschile, mentre in America Latina sono le bambine le più richieste.
Il turismo sessuale è oggi punito esplicitamente da una legge italiana approvata nel 1998. In pratica, un cittadino italiano denunciato per pedofilia all’estero, viene perseguito anche dalla legge italiana, indipendentemente dall’iter giudiziario del Paese in cui è scattata la denuncia.
Difficile individuare le ragioni alla base del turismo sessuale. Una spiegazione facile individua in patologie individuali la radice del problema. Ma questo non spiega una diffusione così massiccia di questa pratica e non spiega nemmeno perché persone assolutamente “normali” a casa propria, diventino delle belve in Thailandia o in Brasile. Il Governo tedesco ha stimato che in Germania ci sono 50.000 persone che consumano pornografia infantile e che si recano regolarmente in paesi del cosiddetto Terzo Mondo per soddisfare più liberamente le proprie tendenze grazie al potere del denaro.
C’è perciò una chiara componente socio-economica del fenomeno. Il turismo sessuale lo pratica chi ha il denaro e il potere di farlo. Una volta era il maschio occidentale a procurarsi sesso facile regalando jeans e collant alle ragazze russe o polacche. Oggi si registrano fenomeni diversi. A Cuba, ad esempio, impazzano da qualche anno donne italiane in cerca di gigolo caraibici (chiamati jineteros, “cavalcatori”). Il prezzo varia a seconda delle prestazioni e delle situazioni. Si va dall’ingresso alla discoteca (in molti casi riservata ai turisti e proibita ai cubani) a qualche decina di dollari. Paese che vai, turismo sessuale che trovi.

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